Il digiuno

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Cibo e Parola. In collaborazione con Maria di Chiamati alla Speranza.

 

Il tempo liturgico della Quaresima si apre con il Mercoledì delle Ceneri, in cui il simbolismo della "polvere" che i credenti ricevono sul capo ricorda la vanità delle cose, la temporaneità della vita terrena e, in sintesi, la morte che accomuna ogni essere umano.

Inoltre, questo tempo penitenziale viene avviato con la pratica del digiuno e dell'astinenza dalle carni, cui farà seguito, tutti i venerdì di quaresima, l'astinenza dalle carni e nuovamente il digiuno e l'astinenza il Venerdì Santo.

1) La legge del  digiuno "obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate. 

 

2) La legge dell'astinenza proibisce l'uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, ad un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi. 

 

3) Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60' anno iniziato; alla legge dell'astinenza coloro che hanno compiuto il 14'  anno  di età. 

 

(Nota Cei, Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza, n. 13)



IL SENSO DEL PIATTO VUOTO


Il senso del piatto vuoto non va ricercato in una semplice imposizione della Chiesa (come è per qualcuno), né in una sorta di mortificazione inutile, banale e sorpassata (come talaltri la intendono), né, ancora, in qualcosa di "facoltativo" (come è per i fautori del "sostituzionalismo" indiscriminato). 

Nella Nota Pastorale Cei  del 21 ottobre 1994, dal titolo «Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza», viene specificato che «il digiuno e l'astinenza appartengono, da sempre, alla vita e alla prassi penitenziale della Chiesa: rispondono, infatti, al bisogno permanente del cristiano di conversione al regno di Dio, di richiesta di perdono per i peccati, di rendimento di grazie e di lode al Padre. Nella penitenza è coinvolto l'uomo nella sua totalità di corpo e di spirito. Digiuno e astinenza non sono forme di disprezzo del corpo, ma strumenti per rinvigorire lo spirito, rendendolo capace di esaltare, nel sincero dono di sé, la stessa corporeità della persona» (n. 1).
Il digiuno, in primo luogo, ricorda a ogni uomo la fragilità della persona umana, che ha una resistenza limitata ai bisogni del proprio corpo; d'altro canto, esso rammenta anche la possibilità di superare questi limiti, grazie alla forza dello spirito; ingenera lode a Dio che ha affidato all'uomo il creato da cui produrre gli alimenti; stimola alla solidarietà verso chi si trova spesso nell'indigenza; proietta verso la dimensione ultraterrena, in cui il corpo umano sarà glorificato, non più legato alle esigenze della terra.


L'anima cristiana del digiuno


Affinché nel digiuno si realizzi veramente questa connessione tra spirito e corpo, è necessario che la privazione abbia «un'anima autenticamente religiosa, anzi cristiana», specifica ancora la Nota.

Non è sufficiente digiunare perché "obbligati"; non è penitenziale digiunare controvoglia; non è fruttuoso svuotare il piatto senza riempire lo spirito di "cose buone".

«Il digiuno dei cristiani trova il suo modello e il suo significato nuovo e originale in Gesù» (n.2), quel Gesù che ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, rendendosi pronto ad affrontare le tentazioni del demonio; quello stesso Gesù che  ha rammentato ai suoi discepoli la necessità di digiunare per sconfiggere il maligno, in certi casi. Il digiuno non è fine a se stesso. Esso persegue una finalità più elevata.

«Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Meno cibo, più Parola, dunque. Meno cibo, più interiorità. Meno cibo, più altruismo.

 

Digiuno e misericordia

 

«Tuttavia anche nelle pratiche di digiuno, come in ogni espressione della religiosità, si possono annidare molte insidie: l'autocompiacimento, la pretesa di rivendicare diritti di fronte a Dio, l'illusione di esimersi con un dovere cultuale dai più stringenti doveri verso il prossimo. Per questo il profeta denuncia la falsità del formalismo e predica il vero digiuno che il Signore vuole: "Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo ... 
Dividere il pane con l'affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo" (Is 58,6-7). C'è dunque un intimo legame fra il digiuno e la conversione della vita, il pentimento dei peccati, la preghiera umile e fiduciosa, l'esercizio della carità fraterna e la lotta contro l'ingiustizia» (Nota Cei, n. 3).
Digiuno e misericordia vanno di pari passo: il togliere dal proprio piatto diventa così un aggiungere nella vita di qualcun altro e, sostanzialmente, anche nella propria, poiché, come rammenta Cristo, sono «beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Così, partendo dalle ceneri che sottolineano la caducità della vita, il digiuno quaresimale conduce a pensare e ad agire su questa terra già nella prospettiva ultraterrena. L'uomo è destinato a morire, sì, ma anche a risorgere e, come scrisse san Giovanni della Croce: «alla fine della vita saremo giudicati sull'amore».

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