10141

b2ap3_thumbnail_Digiuno-Gola--filigrana.jpg

Cibo e Parola. In collaborazione con Maria di Chiamati alla Speranza.

 

DIGIUNARE PER NON CHIUDERE IL CUORE

L'episodio biblico del ricco epulone (Lc 16,19-32) che lascia letteralmente morire di fame il povero Lazzaro, nonostante quest'ultimo mendichi alla sua porta, rende chiaramente evidente l'insidia del vizio capitale noto come «gola»: aprire la bocca per riempirsi il ventre, ma chiudere il cuore, conducendo così l'anima alla morte eterna.

 

 

 

La golosità è l'esagerazione nei piaceri del cibo e dell'alimentazione, soprattutto quando provoca danni alla salute o quando per egoismo lo sottraiamo a chi ne ha bisogno.

 

 

 

(Vincenzo Bertolone, Traditio Fidei: conoscenza e amore? O amore e conoscenza... per essere felici, Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace, 2012, n. 192, p. 65)

 



 

Morte del corpo o morte dell'anima?

 

 

 

Il brano lucano sottolinea con grande finezza (e senza filtri edulcolorativi) la grande disparità che passa tra le ingiustizie di questa terra e la giustizia del Regno dei cieli. Durante la sua esistenza terrena Lazzaro si trova a mendicare alla porta del ricco, ma non riceve nulla da lui. Anzi, l'epulone neppure lo vede. La sua golosità lo ha annebbiato a tal punto da non fargli avere occhi per i bisogni altrui.

 

Interviene però - e qui comincia il rovesciamento delle sorti - quella che Totò chiamava «'A livella», «La livella»: la morte. L'atto conclusivo della vita "materiale", quell'accadimento che tocca tutti, che rende ciascun essere uguale a un altro: mortale. «Un giorno il povero morì. Morì anche il ricco e fu sepolto» (v. 22).

Ultima modifica il Continua a leggere
Vota:
Taggato in: Cibo & Parola
12058

b2ap3_thumbnail_ISBN-9788899135300.png

 

Il viaggio virtuale dei Foodtales continua sulla carta stampata (Recensione sul BLOG "Mamma Pret a Porter").

Ebbene sì, mi pare ancora strano e ho faticato a figurarmelo finché non l’ho avuto in mano. Perché il blog è il blog, mentre il libro è una cosa reale, da toccare, sfogliare, annusare, e per quelle antiche come me, ha un fascino particolare, una capacità tutta sua di coinvolgere, è lì pronto per essere usato, ti invita, non si spegne mai, vive di luce propria.

E’ uscito da pochi giorni e si intitola “Filastrocche a tavola. Cibo in 3D” edito da La Rondine.

In copertina ammiccano le facce di cibo, un assaggio di alcuni personaggi che popolano le pagine.

Ultima modifica il Continua a leggere
Vota:
11078

b2ap3_thumbnail_Digiuno-superbia-filigrana-1.jpg

 

Cibo e Parola. In collaborazione con Maria di Chiamati alla Speranza.

 

 

DIGIUNARE DAL VIZIO "CAPITALE"

 

 

 

«Il diavolo vince chi riesce a rendere superbo» [1] così come egli è . Non per nulla la superbia è il primo dei vizi capitali [2], da cui derivano tutti gli altri. 

 

 

 

Superbia è il disordinato desiderio di onori e di superiorità; è grave quando porta l'uomo a non sottomettersi neppure a Dio; è veniale quando la persona, pur sottomettendosi all'autorità, conserva uno sregolato desiderio di distinzione. Questo può divenire grave quando sia congiunto ad ingiustizia pesante verso altri, o motivo di peccati gravi. (Gerardo Cappelluti, Vademecum di teologia morale, Libreria Editrice Vaticana, 2006, n. 14, p. 18)

 



 

Orgoglio e superbia 

 

 

 

L'orgoglio non va associato, in toto, alla superbia. L'orgoglio può essere, infatti, "positivo". Galimberti lo definisce come «quella piacevole impressione che nasce nella mente quando ci sentiamo soddisfatti di noi stessi per la nostra virtù, bellezza, ricchezza o potere» per cui «il giusto orgoglio è un atto di giustizia verso di sé. Chi lo possiede non è presuntuoso» [3]. Il sano orgoglio è proporzionale alle capacità e alle doti, al lavoro svolto, ai risultati raggiunti. L'orgoglio positivo non distorce la percezione dell'io, non altera la realtà e non falsa i rapporti con gli altri. 

Ultima modifica il Continua a leggere
Vota:
Taggato in: Cibo & Parola
10830

b2ap3_thumbnail_Digiuno-spreco-bn-ridotta-2.jpg

 

 

Cibo e Parola. In collaborazione con Maria di Chiamati alla Speranza.

Il tempo del digiuno può diventare l'occasione per la "sottrazione dello spreco" dalla mensa reale e ideale dell'uomo. Mensa reale, perché lo spreco ha una dimensione prettamente alimentare, che coinvolge (soprattutto) i Paesi ricchi a discapito di quelli più poveri; mensa ideale, in quanto lo sperpero - che si traduce in perdita di denaro - si misura anche in beni diversi dal cibo, coinvolgendo tutta una serie di prodotti (da quelli di uso comune a quelli meno consueti) e riguardando non solo le fasce più abbienti della popolazione, ma anche il ceto medio, a volte autore di un ipersfruttamento di oggetti e alimenti, altre volte fautore dell'opzione per il bene di lusso, anche a dispetto delle reali possibilità economiche. Non di rado, lo spreco è poi il frutto di una malaccortezza non sempre calcolata. Da qui la necessità di un vero e proprio allenamento anti-abusivismo consumistico.
Vi è tuttavia un tipo di spreco a cui, forse, si fa ordinariamente meno caso, ma che finisce con l'inquinare la tavola spirituale dell'uomo. La Bibbia contiene un interessante vademecum anti-spreco (e non solo!).
Ultima modifica il Continua a leggere
Vota:
Taggato in: Cibo & Parola
10917

b2ap3_thumbnail_DigiunoParole3.jpg

 

Cibo e Parola. In collaborazione con Maria di Chiamati alla Speranza.

Continuiamo a proporvi delle brevi riflessioni settimanali sul digiuno, articolate attorno al tema «Il digiuno che voglio», parole pronunciate da Dio nell'Antico Testamento. Attraverso di esse Egli vuole frantumare l'ipocrisia dell'essere umano, impegnato nell'osservanza di riti, ma spesso lontano - con il cuore - da Lui e dal prossimo. È la stessa ipocrisia contro cui si scaglierà Gesù nel Vangelo, quando inviterà a digiunare, pregare e fare l'elemosina senza suonare la tromba, ma nel segreto del proprio cuore, perché solo dal Padre, che conosce interiormente l'uomo, verrà la ricompensa.

 

DIGIUNARE DALLE PAROLE CATTIVE
Ultima modifica il Continua a leggere
Vota:
Taggato in: Cibo & Parola